Ago 11 2013
Torna ancora quest’estate torna ancora quest’estate insieme a me.
Tra Halong Bay e Bat Tu Long, giorno quattro
Primo kayak della mia vita insieme a Nicolas, che mi ha teneramente e pazientemente insegnato a remare. Questo gruppo di quattro francesi così delicati e gentili mi fa sentire a mio agio e mi fa provare una sorta di invidia e desiderio di inclusione. Mi piace questa ciurma di europei così variamente assortita. Una tedesca e un finlandese hanno lasciato il loro lavoro in Irlanda per fare il giro del mondo in un anno e poi stabilirsi in Germania dove dedicarsi probabilmente all’hackeraggio d’alto bordo. Due insegnanti inglesi mi raccontano come si fa a incontrare i ragazzi via internet e consigliano in ogni modo di tenere sempre many fingers in many pies. Due ricercatori d’economia italiani mi fanno ridere con la loro acuta ironia e mi fanno pensare ancora una volta che forse c’è speranza anche per l’uomo italiano, che non tutto è perduto e che sono stata io a trovare quelli sbagliati. Intanto la mia guida mi dice che bevo troppo caffè e che ciò non fa bene alle ragazze ma io come al solito proseguo imperterrita nelle mie pratiche scostumate.
Stamattina mi sono svegliata con la pioggia sul ponte e ho pensato che ne era proprio valsa la pena, di venire fino in Vietnam a vendicare tutte le amicizie perdute di mia madre.
Bay Tu Long, giorno cinque, ore sei del mattino
Alle cinque del mattino quest’isola è popolata solo da solitari ramazzatori di cortili. Spostano polvere e foglie di qua e di là alzando il cappello al mio passaggio. Mi piace scorrazzare in bicicletta per le stradine deserte alla ricerca del mio tempio in questo viaggio, tempio che peraltro, nonostante la generale sovrabbondanza dell’articolo, non ho ancora trovato. In compenso ho scovato diversi cimiteri e un posto dove sono arenate le barche a riposo, arrivate sulla terraferma con l’alta marea e rimaste là ad aspettare il prossimo viaggio.
Il punto non è quello che vedo, ho scoperto, ma l’ora del giorno in cui lo vedo, e come al solito riuscire ad uscire al mattino presto mi regala quello che i miei compagni di viaggio non vedranno mai. Anche perchè loro viaggiano tutti in coppia e probabilmente la sera hanno di meglio da fare che leggere alcune pagine di letteratura cinese. E anche la mattina. Ecco, sono un caso perso. Una vecchia zitella in vacanza a fingere di essere una frikkettona alternativa. E come se non bastasse fra dieci giorni sono di nuovo a Py, per cui ho una fame bulimica e ossessiva di libertà e le scorrazzate solitarie. Ogni tanto mentre mi avventuro per le strade meno battute mi rendo conto di aver paura che qualcuno mi fermi e mi dica che no, di là non si può andare. Ma qua non siamo là. E si vede.
Sul treno, ore 2030
I francesi mi hanno salutata dalla porta dell’albergo come dei vecchi amici, agitando le mani e raccomandandomi di fare attenzione. Ho regalato loro una cartolina con il mio disegno di pecorella e l’indirizzo email. Non pensavo che li avrei commossi, invece mi sono ritrovata spiaccicata tra otto braccia transalpine.
Il viaggio di ritorno ad Hanoi è stato un altro tripudio di pullmini ricolmi di turisti in corsa folle su strade che non capisci mai se sono a senso unico o se invece no. E quando lo capisci è troppo tardi perchè un enorme camion di fattura sudcoreana ti sta venendo proprio addosso. I pullmini suicidi paiono essere il mezzo di trasporto preferito dai turisti in Vietnam, ma io non riesco ad abituarmici e mi viene da vomitare dopo i primi 20 minuti di corsa folle verso la luce al di là del tunnel. Durante il viaggio ho fatto i pensieri migliori e quelli peggiori. In genere quelli peggiori riguardano la mia solitudine amorosa nonchè la mia supposta incapacità relazionale, quelli migliori la possibilità di avere almeno un lavoro soddisfacente così da limitare la desolazione della mia vita privata. Il tutto condito con sovrabbondanza di zuccheri raffinati, in questo caso specifico biscotti Oreo che qui vanno di gran moda e costano un euro o poco più.
La risoluzione di oggi comporta una certa assunzione di responsabilità nei confronti del lavoro e blablabla. Arrivata ad Hanoi ho fatto in tempo a condividere questi pensieri con Claire, davanti a una birra ghiacciata di quelle che si vendono nella città vecchia. Hanoi per la prima volta mi si è mostrata nel caos delle sue nottate profumate di fritto e sudore. Mi è piaciuto questo pentolone colorato e rumoroso e non mi ha fatto paura. Ho pensato a Kuala Lumpur, a tutte le facce dell’Asia che sto vedendo in questi anni, alle birre bevute e ai segni male interpretati, ma poi ho dovuto smettere di pensare perchè è arrivata l’ora di prendere il treno verso ovest. Treno che piglierò con i miei due nuovi amici economisti italiani, se quelli dell’agenzia non fanno troppo casino.